domenica 4 settembre 2011

bottoni


C'è stato un periodo nella quale mia madre si era fissata che doveva insegnarmi qualsiasi cosa le venisse in mente, quasi pensasse che sarei finita a vivere da sola in qualche capanna sperduta e “non si sa mai cosa potrebbe servirti sapere”. Col senno di poi probabilmente già a quel tempo lei mi conosceva meglio di quanto facessi io. Coinvolse anche mio padre in questa sua missione umanitaria, quindi imparai nozioni di base di idraulica domestica, ingegneria ed elettronica di base; insomma da come cambiare una lampadina, ad aggiustare il videoregistratore, passando da “come usare una motosega senza rimetterci un arto”. Dopo aver tentato invano di insegnarmi a cucinare, ancora oggi per me la cucina è una mera necessità fisiologica molto lontana dalla 'sublime arte culinaria' praticata da molti, passò ai lavori tipicamente da brava casalinga come: il cucito, il ricamo, lavorare a ferri ed a uncinetto. A quel tempo, nel pieno dell'adolescenza, ero in una delle mie fasi più maschili e di rifiuto del mio reale sesso, ero convinta che gli uomini facessero le cose più divertenti, mentre alle donne erano riservate faccende assolutamente noiose quali vestirsi e truccarsi. Era quindi un'immagine assolutamente comica vedere me concentrata con ago e filo in mano, mentre mia madre, di fianco, sorvegliava il tutto con tra le dita, a sua volta, l'uncinetto. Lei è tipo da uncinetto, l'ha sempre preferito, anche se sa lavorare bene un po' con tutto, è uno stile di vita anche quello, uncinetto o ferri? Capisci molto di una persona dalla sua scelta. Io ho sempre preferito il ricamo, mi piaceva usare ago e filo, mi concentravo su quei piccoli punti sulla tela e mi stupivo di riuscire a creare disegni con delle crocette o simil. Era il principio di base con cui disegnano i computer, a pixel! Quando l'ho realizzato mi sono esaltata ancora di più e passavo le serate invernali, davanti al fuoco, a preparare bavaglini, asciugamani o quant'altro per amici e parenti. Naturalmente la prima lezione con l'ago in mano fu 'attaccare i bottoni', pratica praticamente inutilizzata in questa società che non fa in tempo ad aggiustare nulla perché qualsiasi cosa si butta via prima ancor prima che si rompa per esser sostituito da un ultimo modello, ma non è facile discutere con mia madre, spesso è meglio fare quello che dice e andare avanti, un po' come con tutte le madri credo. Avrò avuto 10 anni quando mi spiegò come si attacca un bottone, a due o quattro buchi, mi ricordo che mi diede una scatola piena di questi piccoli oggettini di plastica, uno diverso dall'altro per forma e colore, nell'altra mano un pezzo di stoffa e io iniziai a mettere in pratica i suoi insegnamenti. Per giorni non feci altro che attaccare bottoni su quel pezzo di stoffa, in fila, uno di fianco all'altro, in un ordine fittizio visto che non ce n'era uno uguale all'altro. Bottoni ben cuciti ma destinati a non essere mai utilizzati perché ormai soli e chissà dov'era finito il vestito da cui provenivano. Mi rilassava quel lavoro ripetitivo e allo stesso tempo sempre diverso, ogni bottone ha delle sue caratteristiche, non è così facile metterli bene, dritti, in ordine con gli altri. Quando prendevo in mano l'ago entravo in un mondo a parte, un po' come quando si legge, dove la cosa più importante era quella, come se il destino dell'universo dipendesse da come attaccavo quei bottoni.
Qualche giorno fa ho comprato una maglietta nuova, è un polo, con il colletto e cinque piccoli bottoni rossi. Stavo seduta a mangiare quando mi sono accorta che ne mancava uno, l'ho cercato in giro ma probabilmente si era staccato molto prima; mi sono messa a guardare quindi anche gli altri, preoccupata, e mi sono accorta che tutti i bottoni erano attaccati male. Ho passato il resto della giornata a controllarli per paura di perderne un altro, sull'etichetta ce n'era uno di riserva, ma solo uno; ho pensato anche di staccarli tutti, in modo da metterli in salvo in attesa di sistemarli una volta a casa, ma poi mi è parso eccessivo. Questo non toglie che quei bottoni un po' instabili rimasero il mio chiodo fisso per tutto il resto della giornata. Arrivata a casa mi fiondai nella mia camera e tolsi subito la maglietta, iniziando a cercare ago e filo tra le mie cose. Ero certa di avere l'occorrente da qualche parte, mia madre non mi avrebbe mai lasciato andar via da casa senza un kit completo per ogni evenienza, restava da capire dove l'avevo messo io quando ero arrivata in quella casa. Misi a soqquadro l'intero armadio riuscendo alla fine nel mio intento, mi sedetti sul letto, le gambe incrociate e l'occorrente per il lavoro tra le mani. Iniziai a lavorare, le mani sembravano agire per conto loro, ricordando movimenti imparati tanto tempo prima. Era rilassante, la mia mente guardava, spettatrice. Attaccai tutti e cinque i bottoni, fissandoli e poi guardai il lavoro con aria soddisfatta, piegai la maglietta e la misi via, poi decisi di chiamare mia madre. In fondo era l'unica che avrebbe apprezzato cinque bottoni messi bene.

sabato 3 settembre 2011

a far innamorare la gente


Una volta ho conosciuto qualcuno che riusciva a far innamorare la gente con un niente. Diceva di saperle leggere dentro, gli bastava uno sguardo e ne vedeva l'essenza. Diceva di aver ricevuto quella maledizione da un antico dio, o in un patto col diavolo a un incrocio. Diceva di aspettare il giorno in cui guardando qualcuno non avrebbe visto nulla, quello era il giorno in cui sarebbe stato libero.

mercoledì 31 agosto 2011

feeling


è sempre difficile catalogare i sentimenti. quello che si prova per qualcuno è sempre diverso da quelloc he è venuto prima o verrà poi, definire qualcuno amico è riduttivo ci sono mille modi per essere legato a qualcuno e per me sarà sempre diverso che per qualcun altro.
prendiamo le storie. a volte vediamo qualcuno dall'altra parte della strada che esce dalla metro e ce ne innamoriamo perdutamente, per qualche tempo è l'unica cosa a cui riusciamo a pensare, poi un giorno, senza accorgerci, non ricordiamo il suo profumo. a volte conosciamo qualcuno da una vita, e solo quando è troppo tardi ci rendiamo conto di quanto era importante, di solito il giorno del suo matrimonio o simile. a volte iniziamo storie quasi per gioco, pensando che non durerà o meglio non pensando a quanto durerà, poi ci svegliamo una mattina e la persona al nostro fianco dice la cosa giusta, non una grande verità o chissà che, ma l'unica cosa che volevamo sentirci dire e nemmeno noi sapevamo cosa fosse; allora la guardi e pensi "cavolo, è proprio la persona giusta per me e quasi non me ne rendevo conto" e siamo felici perchè per qualche motivo una buona stella ha fatto in modo che fosse lì ora al nostro fianco. perchè la grande verità è che nulla fa andare male una relazione come l'angosciarsi per farla andare bene. quando pensiamo troppo al futuro, quando cerchiamo di accontentare l'altro, è allora che rendiamo infelici ambedue. quando non ci pensi, vivi la tua storia come un gioco, serenamente, allora rimani la persona di cui si è innamorata, finchè un giorno ti svegli con le parole giuste al momento giusto e ti ritrovi a pensare che nonostante tutto va tutto bene. pensi che la situazione del cavolo possa essere in fondo un punto d'inizio per qualcosa di nuovo, e ti metti a girare siti di case cercando quella perfetta, vai all'ikea a immaginare di arredare chissà che abitazione, progetti viaggi e la cosa più strana è che lo fai al plurale e non te ne accorgi.

lunedì 18 luglio 2011

estate


non amo molto l'estate, neanche la odio, però la sopporto poco.
non mi piace il caldo, ma soprattutto il sole e d'estate ce n'è tanto. poi tutti danno per scontato che tu voglia andare al mare e te lo propongono come fosse l'idea del secolo, notizia per tutti: io odio il mare. odio l'acqua e quello che c'è dentro, odio il sole, non mi dispiace solo la sabbia perchè è tutta colorata se la guardi bene da vicino e ci si possono fare le piste per le biglie, ma odio trovarla nei libri tanto tempo dopo.
la cosa che quest'anno mi fa odiare di più quest'estate è forse il computer rotto. la ventola sta tirando gli ultimi, beh anche il resto è messo maluccio, e col caldo il computer si surriscalda con nulla e si spegne. con il ghiaccio sotto riesco a farlo stare acceso un'oretta o poco più...di sicuro troppo poco per qualcuno abituato ad averlo sempre acceso e ogni tanto scrivere o guardare qualcosa. il tutto sarebbe un problema piccolo se avessi un po' di soldi da investire in uno nuovo, ma non li ho per cui resisto un'ora alla volta.
a breve tornerò a casa, tre settimane circa. non vedo l'ora di farmi un po' di giorni in montagna in tenda, al fresco e nei boschi. voglio trovare funghi e voglio stancarmi con gli scarponi ai piedi per poi crollare nella tenda dopo aver guardato le stelle. sono un po' troppo romantica lo ammetto, ma la montagna mi rende più sentimentale.
comunque escludendo il solito argomento lavoro-soldi devo dire che in fondo mi sta andando tutto abbastanza alla grande, e in fondo sono proprio felice... siamo esseri umani, ci vuole poco a farci felici se lo vogliano. se invece non lo vogliamo non basta il mondo intero a farci sorridere.
insomma buona estate, e cerchiamo di sorridere va, che per avere il mondo serve troppo fatica.

mercoledì 22 giugno 2011

meno male


"ti voglio bene"
"meno male"
"ma che vuol dire???"
"che sono contento che mi vuoi bene"
"ok ma che risposta è?"
beh, concordi con me che sarebbe sconveniente e imbarazzante se tu non me ne volessi e io fossi innamorato di te?"
"sei innamorato di me?"
"certo, te l'ho detto!"
"no, tu hai detto meno male"
"appunto, era intrinseco nella frase"
"ma non puoi dire 'anch'io' come chiunque altro?"
"vorresti che io fossi come chiunque altro?"
"no, vorrei tu fossi solo come te stesso"
"allora me stesso avrebbe detto 'meno male', e io l'ho detto"
"quindi sono io il problema, colpa mia che mi piacciono i tipi buffi?"
"in un certo senso puoi metterla così"
"e a mia volta io divento quindi strana"
"beh sì"
"quindi siamo due tipi buffi che stanno buffamente assieme"
"esatto! però sei fortunata, perchè a me piacciono tanto i tipi buffi"
"meno male"

venerdì 20 maggio 2011

la teoria del giorno dopo

stavo mangiando un pezzo di pizza avanzato ieri sera quando ho avuto un'illuminazione, mi sono resa conto che si può valutare la qualità di molte cose semplicemente aspettando il giorno dopo.
prendiamo il cibo, se qualcosa è buona(o addirittura migliore) il giorno dopo riscaldata vuol dire che era buona anche appena preparata, no? spesso anzi bisogna far passare del tempo per poter valutare con sufficente obiettività. prendiamo il sesso, non si può assolutamente valutare sul momento perchè diciamocelo nel post-orgasmico tutto ci sembra più bello (certo se c'è un post-orgasmico altrimenti direi che c'è poco da valutare) per non parlare poi se si aggiunge una componente alcool o altre attenuanti, ma se una scopata ce la ricordiamo come ottima anche il giorno dopo quando ci svegliamo al suo fianco con dei postumi da sesso molto poco sexy...beh allora sicuramente era veramente buona.
credo passarò la serata a passare (scusate il gioco di parole) in rassegna tutte le cose che si posso valutare in base alla teoria del giorno dopo e una volta dimostrata credo farò direttamente domanda perchè venga inserita nei libri di fisica tra la forza di gravità e la legge di murphy.

dormire

“perché, a te come piacerebbe morire?”
“cadendo da una liana”
“eh?”
“non so perché, è la prima risposta che mi è venuta in mente”
“ma non muori, rischi di romperti le gambe o rimanere bloccata a un letto per il resto della vita ma non morire...”
“beh ma se cadi dall'altezza di tarzan sì che muori”
“eh in effetti”
“però perché si rompe la liana, non perché scivolo io o simile”
“beh quello logico, non avevo pensato diversamente”
“e tu?”
“beh se dobbiamo vedere il modo migliore ottimizzando velocità e incoscienza sarebbe un proiettile vagante in testa...però se devo scegliere qualcosa di figo direi per mano di un serial killer”
“stai scherzando?”
“no, però uno di quelli da torture post mortem, non amo il dolore fisico. Però pensaci, punto uno: la mia morte renderebbe felice almeno qualcuno, il serial killer appunto; punto due: rimarrei scritta in eterno come la vittima numero 5 per esempio e si parlerebbe un sacco di me. L'unico problema sarebbe che non potrei donare gli organi, probabilmente non sarebbero messi bene”
"no quello no in effetti. Sei strana tu”
“lo so, ma strana è bene?”
“sì strana va benissimo cucciola”
“buona notte tesoro”
“buona notte”
Lei la strinse forte in uno di quegli abbracci serrati che la Ragazza amava tanto, poi la lasciò sistemarmi a pancia in giù e la guardò mentre il suo respiro si stabilizzava nel sonno. Chiuse gli occhi e con una mano che ancora l'abbracciava si lasciò addormentare. Quella notte dormì un sonno senza sogni, ogni tanto si svegliava spostava un braccio da sotto la Ragazza, si sistemava incastrando il proprio corpo col suo o semplicemente la guardava rallegrandosi di averla lì accanto e tornava a dormire.