mercoledì 16 marzo 2011

pioggia


"Lei amava la pioggia da sempre, forse perchè da piccola era la scusa buona per stare in casa. non le era mai piaciuto molto fare tutte quelle cose da bambini, preferiva restarsene buona a leggere, a inventarsi cose e progettare grandi idee. preferiva sognare il mondo che viverlo. sì era strana, un po' sociopatica aveva detto qualcuno, niente che non si sia già visto aveva detto qualcun altro.
è solo che a lei piaceva essere preparata. quando usciva lì fuori voleva aver pensato a ogni possibilità. non che non le piacesse essere sorpresa, ma con l'esperienza aveva imparato che sono veramente poche le sorprese che ci fanno piacere, per lo più ci tagliano le gambe. Lei usava un metodo tutto suo per sentirsi sicura: i sogni.
non è vero che sui sogni non abbiamo controllo, la verità è che è comodo farlo credere così ogni cosa è lecita li. un sogno si può raccontare senza timore di venire giudicati o criticati, il mondo onirico è una sorta di territorio franco in cui non abbiamo obblighi o colpe. uno dei pochi posti dove possiamo ancora essere noi stessi, è un bene che nessuno abbia mai fatto notare quanto in realtà decidiamo noi dei nostri sogni. è come in quei giochi dove qualcuno scrive un inizio o una parola e tu cerchi di costruirci una storia. nei sogni noi decidiamo l'incipit e poi lasciamo correre la nostra mente.
i suoi sogni ultimamente erano fin troppo chiari e prevedibili, cercava la forza di uscire di casa senza paura di essere ferita con uno sguardo della persona sbagliata. sognava e risognava come sarebbe stato quell'incontro ipotetico. avrebbe voluto essere pronta, avrebbe voluto sapere la risposta giusta per un'uscita di scena memorabile, ma quando lasciava andare il controllo il sogno finiva per esigere il suo lieto fine. qualcosa che non sarebbe mai accaduto e non ne aveva dubbi, ma di cui aveva fin troppo bisogno per ritrovare un po' di forza.
intanto ringraziava la pioggia che, come da bambina, era una buona scusa per non dover affrontare nessuno."

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